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La vitalba: un rampicante da intrecciare

Tra le infestanti diffuse nelle nostre zone, la vitalba (Clematis vitalba, Ranunculacee) è una delle più difficili da tenere a bada: le sue liane, lunghe fino a venti metri, si avviluppano intorno ad alberi e recinzioni, e crescono rapidamente formando grovigli inestricabili. Tuttavia, esaminandola da altri punti di vista, anche la vitalba è una pianta interessante, e invece di tentare di eliminarla (missione quasi impossibile!) possiamo imparare a utilizzarla. I suoi lunghi tralci sono tradizionalmente utilizzati per la tessitura di cesti e per legare le piante ai loro sostegni: si raccolgono in inverno, e si possono usare freschi, oppure se…
Che cos’è un gavagn
“Gavagn” è il nome di un cesto diffuso in Romagna, usato in campagna per raccogliere la frutta; è un cesto a fondo curvo, realizzato con tecnica ad archetti, di forma semisferica o semiovale con manico.
Questa forma ha origini molto antiche, ed è diffusa in tutto il mondo. Il termine gavagn deriva dal latino “cavaneum” (contenitore, oggetto cavo), e in tutta Italia molti cesti diversi tra loro hanno in comune questa stessa etimologia: ad esempio, in Liguria il cavagno è un cesto di forma squadrata, in fasce di castagno, usato per la raccolta delle olive, in Emilia la cavagna è una grande cesta a fondo piatto, di salice, usata durante la vendemmia, e la gavagnòla marchigiana è un cestino ad archetti da portare in cintura, fatto di ulivo, salice e vitalba.
I gavagn romagnoli sono rotondi od ovali, forme e dimensioni variano in base alla specifica funzione; vengono realizzati soprattutto in salice e vitalba, anche se per la struttura si possono impiegare una maggiore varietà di piante (sanguinello, nocciolo, frassino, tamerice, ulivo, corniolo ecc.). In altre zone d’Italia e d’Europa cesti di questo tipo sono realizzati completamente in nocciolo, con tessitura di fascette ricavate da rami di due o tre anni.
Nel libro “Fare cesti” di Andrea Magnolini (Terra Nuova Edizioni) si trovano tutte le istruzioni per realizzare un gavagn, illustrate da Elena Campacci.
Nelle foto che seguono:
gavagn tondeggianti con trama in sanguinello e vitalba,
gavagn di forma allungata in frassino e salice,
gavagnola in ulivo e salice
Dalle fronde di un salice (ovvero, da dove comincia un cesto)

C’era una volta, e c’è ancora, un salice bianco: è solo parente del salice piangente, la sua chioma è spavalda e punta in alto, col colore e il portamento della fiamma. La pianta, che qui chiamano vincio, dà i suoi figli migliori, rami giovani e diritti, rami maschi, si usa dire, a chi va a prenderli quando le fa meno male, cioè quando dorme, nel letto delle sue foglie cadute, in inverno. In un giorno asciutto di luna calante, non verserà una lacrima, e anzi, in primavera, partorirà più figli di quelli che le furon tolti. Questi rami van legati…
Tutti sanno cos’è un cesto, pochi sanno cos’è un cestaio

Così si potrebbe riassumere, in una frase, lo stato dell’arte della cesteria in Italia, agli inizi del XXI secolo. Il cesto è ancora un oggetto comune e facilmente reperibile, mentre i cestai sono diventati una rarità. Il cestaio è una presenza inavvertita nel tessuto socioeconomico, un “antico mestiere” da esibire nelle fiere agricole o nei musei etnografici, una sorta di fossile vivente. Certo, nei paesi da cui importiamo questi manufatti, i cestai devono essere ben più numerosi, com’erano nel nostro paese fino a pochi decenni fa. Questa situazione, infatti, si è venuta a creare in tempi relativamente recenti; l’enciclopedia Treccani,…